28/02/2023
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28/02/2023
Smettila di fare i capricci che sto perdendo la pazienza!
Cosa sono i capricci? Quali strategie adottare per “sopravvivere”?
Tutti abbiamo vissuto o assistito a momenti imbarazzanti, quando succede che, in un modo che ha quasi dell’incredibile un bambino/a, sembra che perda il controllo di sé stesso/a con pianti ininterrotti, urli esagerati, pretese inverosimili, e tutto questo trambusto, poi, senza nemmeno un motivo chiaro, ma solo per dar fastidio! Sale la tensione, salgono il nervosismo e la frustrazione di non riuscire a “comandare” quella piccola peste e… “un bello sculaccione te lo meriti proprio che non è mai morto nessuno”, la questione si chiude così, in modo agitato e teso, fino al prossimo episodio.
Niente di più irragionevole!
I comportamenti dei bambini hanno sempre un senso, sempre un motivo, sempre una direzione, sempre, anche quelli incomprensibili. Siamo noi, adulti/genitori/educatori a dover comprenderne il significato. I “capricci”, le reazioni esagerate, nascono da bisogni insoddisfatti, che, se pur a volte sono di difficile comprensione, ci lasciano spesso ampio spazio di risposta in diversi modi. I bambini non hanno bisogno di stimoli, ma di risposte ai loro bisogni!
Non fraintendetemi, non vi sto dicendo che i bambini devono averla “sempre vinta”, anzi hanno bisogno di regole e limiti ben precisi, ma è importante che ci dotiamo di alcune strategie che ci permettano di far fronte ai momenti critici:
Invito alla lettura:
Maria Montessori
Il bambino in famiglia
Garzanti Elefanti
30/01/2023
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30/01/2023
Dopo l'uscita sul giornale "Il Punto" del mio ariticolo mensile dedicato alla pedagogia Montessori, pubblicherò qui lo stesso articolo, da averne memoria.
Fermati un momento e osserva quel che succede!
Dal guardare all’osservare: come una nuova prospettiva di sguardo può fare la differenza.
Il metodo Montessori nasce dall’osservazione, si sviluppa, si organizza e via via si struttura, proprio attraverso l’osservazione. È una modalità particolare l’osservazione della quale parla Montessori, che posso tradurvi in questo concetto: ascoltare il bambino nel suo ambiente di esperienza. Si tratta, quindi, di acquisire una competenza osservativa che diventa un modo di porre attenzione al rapporto tra il bambino e il suo ambiente, tra il bambino e le attività che usa, tra il bambino e gli altri bambini e il suo modo di apprendere.
Questo tipo di osservazione, è per noi insegnati Montessori una bussola che, orienta sempre il nostro agire in merito allo studio e alla progettazione dell’ambiente di lavoro così come la proposta di attività.
Per un genitore, osservare può essere un modo molto efficacie per cogliere elementi importanti che riguardano il proprio figlio, certo è difficile che trattandosi di vostro figlio possiate osservare in modo del tutto oggettivo, ma dovete cercare di sforzarvi tenendo a mente anche le vostre fragilità. Si tratta d’imparare a tenere separati il vedere e il sentire, il giudizio e le emozioni, l’oggetto dell’osservazione dal soggetto. L’osservazione, così intesa, ha lo scopo di rendere visibile qualcosa che prima non vedevamo e quindi va messa in campo davanti a situazioni, che per un motivo o per l’altro, non risultano d’immediata comprensione.
Quali sono le condizioni ottimali per poter osservare, a casa, i vostri bambini?
Non improvvisiamoci psicologi o psicoterapeuti volendo interpretare chissà quali significati nascosti, osserviamo con umiltà, senza la pretesa di sapere già cosa accadrà, quello che vediamo negli atteggiamenti e nei comportamenti dei nostri bambini con lo scopo di rispondere alle loro esigenze con più consapevolezza e serenità.
Invito alla lettura:
Maria Montessori
Maria Montessori parla ai genitori
Il pensiero montessoriano spiegato alle famiglie
Prefazione di Paula Polk Lillard
Il leone verde
06/11/2022
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06/11/2022
Impariamo a non interferire con il lavoro del bambino
Molti genitori non credono più che i bambini siano vasi vuoti da riempire con informazioni, nozioni e buone maniere.
Hanno letto libri di educazione, hanno studiato pedagogisti e magari hanno anche ascoltato qualche formatore illuminato che spiegava cosa sono i bisogni dei bambini, così facendo si sono lasciati accompagnare in una conoscenza approfondita del “mondo dei bambini” per poter rispondere sempre meglio alle necessità infantili gettando le basi a fondamenta, attraverso una conoscenza approfondita, della personalità del futuro adulto o adulta.
Dai miei incontri con le famiglie che scelgono la filosofia della dott.ssa Montessori per l’educazione dei propri figli, mi rendo conto che, pur con le più buone intenzioni c’è ancora molta confusione sull’esatto loro compito educativo. Questa confusione nasce sopratutto dall’interpretazione, spesso troppo personale, data a concetti fondanti la pedagogia Montessori, quali “attività spontanea” e “libera scelta”.
Iniziamo dall’attività spontanea: questo concetto viene spesso utilizzato per riferirsi a due attività che compie il bambino e che sono molto diverse tra loro.
Una cosa è descrivere un bambino come molto attivo perché risponde agli stimoli esterni con continui movimenti e gesti senza distinzione; un’altra cosa è descrivere un bambino sempre come molto attivo quando osserva con attenzione e per un lungo momento un particolare oggetto del suo ambiente, in un contesto tranquillo.
Mentre leggete so per certo che già cogliete la differenza. L’attività del primo bambino è sì attiva, ma non formativa, i suoi movimenti sono dettati da disturbi esterni e questo bimbo si trova in una condizione di distrazione. L’attività del secondo bambino, invece, segue i propri bisogni e risponde alla sua necessità di esplorazione e conoscenza dell’ambiente, e ci troviamo di fronte alla vera e propria attività spontanea della quale parla Montessori, in quanto il lavoro del bambino in quel momento nasce dall’interno e non necessità dell’intervento dell’adulto, e allo stesso modo questo comportamento risponde alla libera scelta proprio perché liberamente il bambino segue i suggerimenti dei suoi bisogni interiori, ma, attenti bene, in un ambiente pensato, progettato a misura del bambino stesso quindi entro limiti ben definiti e precisi dettati dall’adulto educatore.
Questa attività spontanea risiede in ogni bambino e noi adulti educatori dobbiamo essere in grado di non sciuparla intervenendo con l’iperstimolazione o con la privazione. Se gli compriamo giocattoli colorati, sonori, con effetti luminosi, in più lingue, imponiamo ai bambini dei compiti che non sono in nessun modo collegati ai loro bisogni di crescita, e se di conseguenza li priviamo di oggetti semplici, comuni, di tutti i giorni, famigliari, sui quali potrebbe esprimersi la loro attività spontanea di curiosità e d’interesse, siamo noi a rendere i bambini insoddisfatti e sempre alla ricerca di altro, perché nessun vero lavoro appartiene a loro.
Come mai Maria Montessori parla di lavoro e non di gioco?
Perché i bambini amano conoscere in modo approfondito, amano concentrarsi ripetutamente, amano assorbire dentro se stessi quello che stanno facendo raggiungendo uno scopo, amano essere importanti e fare cose impegnative. Questo è lavorare e non giocare. Tutto, chiaramente, commisurato sempre alla loro età!
Noi adulti educatori dobbiamo con tutte le nostre forze comprendere questi concetti perché solo attraverso questa comprensione, permetteremo ai bambini di usare la loro attività spontanea attraverso la libera scelta, e senza il nostro intervento o aiuti non richiesti, lui o lei potrà costruire l’uomo o la donna che sarà domani.
Noi adulti crediamo di essere sempre e solo noi a lavorare sul serio, ed invece anche i bambini lavorano sodo, a differenza nostra, però, non lo fanno per creare dei beni materiali, ma per creare se stessi.
Facciamoci da parte allora e lasciamoli lavorare!
A presto!
12/07/2022
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12/07/2022
Le potenzialità…conosciamone l’importanza!
Le domande di coaching, solitamente, quelle che arrivano nel mio studio, nascono da problemi d’insoddisfazione nell’esigenza umana di autorealizzazione. Le persone vanno in crisi, nelle relazioni, nel lavoro, e anche nel rapporto con sé stessi.
Da dove nasce questo malessere, questo sentirsi inadeguati, insoddisfatti di quello che si ha o di quello che si fa?
Il tutto nasce dalla repressione di una o più potenzialità e per comprendere come è opportuno agire è fondamentale conoscere!
Cosa sono queste “potenzialità”?
Le potenzialità sono:
un tratto del carattere, come potrebbe essere l’amore per il sapere o l’intelligenza sociale che insieme concorrono alla formazione della nostra identità stabile;
attività complesse rappresentanti emozioni, pensieri e azioni frutto di scelte e motivazioni, come per esempio impegnarsi a studiare per amore del sapere per lavoro o per hobby;
processi relazionali positivi perché evocano negli altri piacevolezza e gratitudine, come quando ci fa piacere vedere una persona che aiuta un’altra in difficoltà, e si esprimono sempre in chiave relazionale;
sono valori, rappresentano punti di riferimento etici che ci orientano nel rapporto con il mondo, con la visione di noi stessi, con la relazione con gli altri e con il senso e il significato del nostro fare.
Non esiste una potenzialità senza sentimento, senza desiderio, piacere, gratificazione e coinvolgimento. È una delle espressioni più intime della nostra personalità e uno degli aspetti più caratterizzanti e importanti è che è ispirata e seguita da emozioni positive nel momento in cui si mette in atto, sia per chi la esprime sia per chi la riceve. L’emozione positiva che ne scaturisce, che si sente, è la verifica pratica che una potenzialità è tale e personale. Lo senti, e lo senti molto bene quando qualcuno accanto a te sta esprimendo una sua potenzialità, che la persona ne sia consapevole o meno, tu, che gli sei o le sei accanto percepisci un piacere molto intimo e profondo nello stare insieme a quella persona. Solo emozioni positive sperimentate come la gioia, l’interesse, il coinvolgimento o il divertimento possono indicarci una potenzialità.
Le prime potenzialità da conoscere sono quelle di specie, ossia quelle universali, presenti in ogni individuo. Queste potenzialità di base inficiano, se non si esprimono, lo sviluppo di tutte le altre e rappresentano le fondamenta per la costruzione di un rapporto sano con sé stessi.
Ve le elenco brevemente, qui sotto, ma vi rimando per un bel approfondimento al testo di Luca Stanchieri “Scopri le tue potenzialità” di FrancoAngeli edizioni, che chiaramente illustra nello specifico tutte e 24 le potenzialità.
Quelle di base, universalmente presenti in ognuno di noi sono:
Se davvero vogliamo essere felici, senza se e senza ma, qualcosa che fino ad oggi non abbiamo fatto, lo dovremo pur fare, non credete?
Iniziamo con il conoscerci meglio rispondendo ad alcune domande iniziali che, in seguito ci accompagneranno alla scoperta delle nostre potenzialità …tipo:
Cosa significa per me prendersi cura di sé?
Quanto tempo dedico a questa attività?
Cosa faccio concretamente?
Rispondendo a queste domande, apparentemente semplici, s’inizia la ricerca della felicità attraverso il DDF!
Buon lavoro per ora!
06/06/2022
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06/06/2022
“Se nella verde etade alcun trascura di lodato sapere ornar la mente, quando è giunta per lui l’età matura d’aver perduto un si gran ben si pente. Cercando allor, ma trovasi a man vuote: potea, non volle, or che vorria non puote”.
(da “I due susini di Luigi Facchi detto Clasio)
Ricordavo bene il testo, ma per riportare alla mente l’autore e il titolo ho dovuto affidarmi a Google! Mi regalò questa frase il mio zio preferito mentre soffrivo di pene d’amore da ragazza. Il testo, che ben conservavo nella memoria, in poche parole trasmette l’importanza del rispetto dei tempi naturali per l’evoluzione umana e mi porta, oggi, ad un pensiero molto significativo della Montessori: “Per costruire il futuro è necessario vigilare sul presente. Quanto più verranno curati i bisogni di un periodo, tanto maggior successo avrà il periodo successivo”[1].
Viviamo una vita frenetica, fatta di mille e uno impegni, per noi, per i nostri figli, per tutti insomma. Spesso diciamo: “non ho tempo, mi spiace” ad un invito per un caffè, o di fronte a qualcuno che semplicemente avrebbe desiderio di scambiare quattro chiacchere con noi. Per prima io mi ritrovo, auto osservandomi, a mettere in ansia i miei famigliari, facendo loro fretta per i motivi più svariati o essendo preda dell’impazienza per un ritardo di qualche minuto oppure anche solo per un: “aspetta!!”.
Messa così, proprio non capivo perché le attività proposte ai bambini dovevano essere in un unico esemplare e capito ancora meno il significato dell’attesa. Non che a livello di pensiero razionale non lo ritenessi importante , ma si sa, tra il dire e il fare c’è di mezzo tanto, tanto fare: una cosa è credere di esercitare un certo comportamento, un’altra cosa è farlo; aspettare e rispettare i tempi degli altri, i tempi dei bambini, era un aspetto che avevo trascurato e che ho recuperato attraverso la lentezza: mi sono accorta in tempo che i sogni, a occhi aperti e chiusi, possono essere accolti e anche realizzati, quando non siamo più schiavi dei ritmi dettati dall’esterno, dalla fretta nevrotica del fare e dall’impazienza.
Tutto il lavoro della Dottoressa Montessori rispetta in modo rigoroso e scientifico il tempo della natura delle cose e i periodi sensitivi sono l’esempio principe su tutti: questi periodi, sensitivi non a caso, sono legati a precise fasi di sviluppo fisico e psichico, ed è in questi specifici momenti che gli avvenimenti accadano, che il piccolo d’uomo costruisce la propria personalità, non prima e non dopo. Questo aspetto focale ci porta ancor meglio a comprendere come l’ordine dello scorrere della vita infantile debba essere rispettato senza affrettare nessun tempo.
Oggi è come se vivessimo in un mondo con l’acceleratore sempre schiacciato al massimo e siamo in preda ad una frenesia dell’anticipo e senza quasi rendercene conto siamo nel circolo della società dell’usa e getta, siamo in un “tempo freccia”[2] che ha tolto il tempo dell’attesa con tutto il suo immaginario di aspettative.
Tutta l’impostazione del metodo scientifico Montessori ci porta esperienze di vita scolastica e formativa che vedono la pazienza e il tempo dell’attesa come base fondante per la costruzione dell’uomo. Nelle realtà montessoriane la lentezza è di rigore, le presentazioni dei lavori e dei materiali vanno fatte lentamente, in silenzio; i bambini non vivono l’ansia del risultato, o la competizione, ma l’esperienza: questo è uno dei motivi per cui non ci sono mai due attività uguali.
Che ne dite di darsi una regolata?
Provate ad andare piano, cercate di “perdere tempo” con la consapevolezza che lo state guadagnando in una migliore qualità della vita.
Vi lascio il titolo del bellissimo libro di Zavalloni: “La pedagogia della lumaca” per approfondire in maniera semplice, ma non scontata l’argomento della conquista dell’andare piano iscrivendosi al PIL che non ha niente a che fare con l’economia: Partito degli Incontri Lenti[3].
[1] M. Montessori, LA MENTE DEL BAMBINO, Garzanti, Milano 2016, pag. 193
[2] G. Zavalloni, LA PEDAGOGIA DELLA LUMACA, Ed. Missionaria Italiana, Città di Castello 2008, pag. 22
[3] Ibid., pag. 15
22/03/2022
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22/03/2022
Il filo rosso scorre all’interno di questi due affascinanti metodi di vita, il coaching umanistico e il metodo Montessori delineando, per me, una strada chiara sulla quale, come fosse una segnaletica, vedo confermate e anche dirette verso nuovi e possibili sentieri le mie intuizioni.
La prima conferma fa riferimento al potenziale umano, la seconda si basa sull’importanza che entrambi i metodi danno all’esercizio, alla ripetizione, all’allenamento, insomma al fare, la terza si riferisce all’esperienza di flow vera e propria che nel coaching umanistico è necessaria per allenare il senso di autoefficacia delle persone e nel metodo Montessori è determinante per il processo di normalizzazione e la quarta al ruolo, di mentore, di guida, di maestro che in entrambi i metodi deve essere un accompagnatore, una persona che sa “stare al fianco” senza indirizzare nelle scelte o impartire ordini.
LA PRIMA: Il potenziale umano
Nell’ articolo al coaching umanistico abbiamo visto che sono proprio le potenzialità individuali a farla da padrone, e come tutto il metodo si basi sulla loro scoperta, definizione e successivo allenamento per il raggiungimento di determinati obiettivi di miglioramento della qualità della vita. Riuscire ad esprimere al meglio le proprie potenzialità è condizione imprescindibile per raggiungere il benessere e felicità intesi come sensazione di completezza e pienezza nel raggiungere “il nostro posto nel mondo”. Le potenzialità non sono abilità, capacità ed in genere talenti in sé e per sé, non riguardano cioè risorse che sono tese all’incremento qualitativo o quantitativo della performance o della produttività. Una potenzialità può anche essere un talento, ma un talento in sé non è una potenzialità. Come ha dimostrato Alex Swarzer, ex atleta italiano specializzato nella marcia, campione olimpico della 50 km a Pechino 2008, un talento può essere anche una condanna. È caduto rovinosamente puntando il tutto e per tutto solo sul suo talento senza coltivare le sue altre potenzialità. La potenzialità è collegata a desideri e quindi al piacere, alla gratificazione e al coinvolgimento. È una delle espressioni più intime della nostra personalità. La potenzialità è ispirata e seguita da emozioni positive nel momento in cui si realizza, sia per chi la esprime, sia per chi entra in contatto con chi la esprime. L’emozione è la verifica pratica che una potenzialità è tale ed è personale. L’approccio per la ricerca di una potenzialità non è produttivista ma umanista. M. Montessori, non solo considera l’espressione e lo sviluppo delle potenzialità individuali come “lo scopo dell’educazione” e quindi anticipa i tempi e ne riconosce a pieno titolo l’importanza, ma insiste sul farci capire il nostro compito essenziale di adulti nel predisporre l’ambiente adatto “per il costruttore dell’uomo” di modo che questo fluire di potenzialità avvenga naturalmente: “Invece il segreto del bambino è appena nascosto dall’ambiente. Ed è sull’ambiente che bisogna agire per liberare le manifestazioni infantili: il bambino si trova in un periodo di creazione e di espansione e basta solo aprirgli la porta. Infatti ciò che si sta creando, ciò che dal non essere passa all’esistenza e che da potenziale si fa attuale, sul momento di uscire dal nulla non può avere complicazioni; e si stratta di un’energia espansiva, non vi è difficoltà al suo manifestarsi”.
Io sono un coach umanista, un ricercatore di potenzialità umane, prima di tutto, e attraverso il dialogo accompagno le persone che lo desiderano nella presa di coscienza del loro reale potenziale, e sono anche una maestra montessoriana, attenta osservatrice dei bisogni del bambino tanto da costruire per lui un ambiente adatto da permettergli di esprimere al meglio le sue potenzialità.
“Stimolare la vita, lasciandola però libera di svilupparsi, ecco il primo dovere dell’educatore”.
LA SECONDA: L’allenamento – il lavoro - l’esercizio
Tra il dire e il fare c’è di mezzo il fare.
Nel metodo del coaching umanistico le parole “contano”, le domande “potenzianti” servono al cliente per prospettarsi un futuro diverso dal presente che vive, ma tutto questo dialogare, poi deve tradursi in cambiamento che avviene attraverso l’allenamento. Il metodo del coaching affronta le debolezze tramite i punti di forza. Rendendo eccellenti le risorse si compensano e si acquisiscono anche le potenzialità che sono più deboli. Per esempio se l’amore per il sapere è alto e la spiritualità bassa, non è certo con la droga che si sentirà la trascendenza, ma con l’esplorazione e la conoscenza dei sistemi di idee che rappresentano la spiritualità: un possibile esercizio potrebbe essere quello di spendere cinque minuti al giorno per respirare profondamente, rilassarsi e meditare, o meglio visitare un nuovo museo ogni mese e scrivere ciò che hai imparato di nuovo. O ancora se la lungimiranza è forte ma non la persistenza è solo stabilendo obiettivi che sono in linea con la propria convinzione più profonda che possiamo pensare di realizzarli. Un possibile esercizio di allenamento della lungimiranza per rafforzare la persistenza potrebbe essere: spiega la vasta prospettiva della tua vita in una o due fasi come esercizio settimanale.
Ogni programma di allenamento così come ogni esercizio, sarà inevitabilmente personalizzato a seconda del coachee: non esiste un esercizio valido per tutti, pur riferito ad un’unica potenzialità. Questo allenamento serve da carburante motivazionale e riprendendo il motto del coaching “attivare la mente attraverso i muscoli” mi collego al metodo Montessori nel quale il lavoro, l’esercizio, la ripetizione vanno di pari passo come importanza all’attenzione: “aiutami a fare da solo”.
M. Montessori, come sempre, parte dall’origine della cose e nulla lascia al caso, inizia così a spiegare l’importanza del lavoro infantile per “produrre l’uomo”: “Il lavoro infantile è di specie e potenzialità molto diverse, potremmo quasi dire opposte: è un lavoro incosciente, realizzato da un’energia spirituale che si sta sviluppando, un lavoro creatore che ricorda la simbolica descrizione della Bibbia, dove parlando dell’uomo, la scrittura dice soltanto che “fu creato”.Il bambino cresce con l’esercizio: la sua attività costruttiva consiste in un autentico lavoro che materialmente sorge dall’ambiente esterno”. Da queste basi di pensiero nascono tutte le attività di vita pratica, il materiale sensoriale, il materiale scientifico di sviluppo, insomma si comprende l’importanza del “fare”, concretamente “usare le mani” e non solamente la testa per apprendere e per costruire l’intera personalità umana.
C’è una pagina bellissima ne “La mente del bambino” che tratta proprio dell’importanza di fare esercizio e poi continua delineando un aspetto umano che sia gli adulti che i bambini hanno in comune: il miglioramento.
Scrive così M. Montessori a pag. 208, riferita alla gioventù: “La società generalmente dice “Siate pazienti con la gioventù: occorre insistere con buone intenzioni e buoni esempi”. E si crede, col tempo e la pazienza, di poter realizzare qualcosa: invece non si realizza nulla: col passar del tempo si diventa vecchi, ma non si crea nulla. Nulla può essere compiuto solo con il tempo e la pazienza, se non si è profittato delle occasioni che si presentano durante il periodo creativo” e continua delineando un altro punto: “In tutti gli uomini vi è una tendenza, che esercita una sia pur tenue azione sui difetti del carattere, è la virtù di stimolare il miglioramento. Gli individui e la società hanno questo in comune: il continuo progresso. In altre parole il comportamento dell’uomo non è invariabile come negli altri animali, ma può progredire, ed è naturale che l’uomo senta perciò questa spinta verso il progresso”. Questi pensieri non solo confermano l’importanza del lavoro e dell’impegno nell’evoluzione dell’uomo, ma ci riportano alle teorie del potenziale umano di Maslow, di Seligman o alla SDT vista negli altri articoli, nelle quali viene enfatizzata la necessità che l’uomo ha nel suo essere di progredire, di migliorarsi per dare il meglio di sé.
Il coach umanista è un allenatore di potenzialità che è una risorsa alla stato embrionale che preme per essere espressa e valorizzata come principale punto di forza dell’individuo. È proprio la potenzialità allenata e valorizzata che incide nella realtà e nei contesti e quindi in grado di operare un cambiamento soggettivo e oggettivo. Allo stesso modo la maestra Montessori “allenando” il bambino all’utilizzo delle attività sensoriali prima, alle attività di vita pratica poi e al materiale scientifico di sviluppo dopo, concorre a rispondere al suo bisogno fondamentale di essere aiutato a fare da se. Ed entrambi adulti e bambini, seguendo le parole di M. Montessori sono mossi dalla loro spinta verso il progresso!
LA TERZA: Il flow e la polarizzazione dell’attenzione
L’esperienza di flow, avviene quando siamo impegnati in un’attività congruente con i nostri interessi, del tutto coerente con il nostro quadro di valori e che soddisfa le nostre motivazioni. La Psicologia Positiva, che non è il pensiero positivo: penso che vada tutto bene e tutto bene andrà, riferendosi al concetto di benessere nella sua accezione eudaimonica, si prefigge proprio una maggiore attenzione agli interessi e ai valori del uomo, credendo in percorsi, come il metodo del coaching umanistico, che possano garantire l’autorealizzazione di ognuno. Allo stesso modo il polarizzarsi dell’attenzione, riportando proprio le parole di M. Montessori, pone al centro dell’educazione e dello sviluppo continuo uno stato di concentrazione profonda che nasce da “dentro”: “ogni volta che avveniva una simile polarizzazione dell’attenzione, cominciava il bambino a trasformarsi completamente, a farsi più calmo, quasi più intelligente e più espansivo: egli mostrava qualità interiori straordinarie”.
Come coach umanista promuovo le esperienze di flusso attraverso gli allenamenti co-progettati con i miei coachee, e la stessa cosa faccio come educatrice Montessori con i bambini: cerco di fare in modo che l’adulto “rifiorisca” e il bambino “fiorisca”. Maria Montessori parla di normalizzazione riferendosi alla capacità del bambino di auto-realizzazione e apprendimento continuo come il risultato di ricorrenti esperienze di concentrazione profonda.
LA QUARTA: Il coach umanista e la maestra Montessori
Una su tutte è la qualità che accomuna queste due figure nei diversi contesti di lavoro: la fiducia. La fiducia incondizionata nella potenza, che non è il potere, dell’uomo.
Come coach umanista credo con sincera sicurezza che il mio coachee, o la famiglia che accompagno, riuscirà nel suo intento di cambiamento, così come da educatrice Montessori “ho fede” nel bambino che ho davanti: “Le insegnanti che vengono nelle nostre scuole devono avere una specie di fede che il bambino si rivelerà attraverso il lavoro. Esse devono staccarsi da ogni idea preconcetta che riguardi il livello a cui i bambini possono trovarsi. L’insegnante deve avere fede che il bambino che le sta davanti mostrerà la sua vera natura quando troverà un lavoro che lo attragga. Che cosa cercare allora? Che uno o l’altro dei bambini cominci a concentrarsi. A provocare questo deve rivolgere le sue energie; e le sue attività cambieranno di stadio in stadio come un’evoluzione spirituale”.
Nel mio lavoro di coach umanista accompagno le persone adulte a trovare o ritrovare la felicità. E allo stesso modo, il metodo Montessori mi permette di accompagnare anche i bambini in questa avventura meravigliosa della vita. Ho una profonda soddisfazione interiore nel lavoro che faccio. Due costanti nella mia vita sono la formazione e la crescita personale che vanno sempre a braccetto nel corso del tempo. Ho ancora tanto da fare, da imparare, da sperimentare, a livello di personalità interiore o spirituale come scrive la Dottoressa, sia come coach umanista sia come educatrice Montessori, e ci lavoro sempre, mi alleno attraverso la continua conoscenza sempre più approfondita delle mie zone luce e delle mie zone ambra e delle mie potenzialità che rappresentano continuamente nuove sfumature di colori brillanti.
L’aspetto che più accomuna le due figure in questo ambito è però, l’aver fatto loro stessi, maestra e coach, pratica personale dell’esperienza di flusso, la prima per aver acquisito le capacità di preparare un’ambiente favorevole alla concentrazione e il secondo per indirizzare in maniera competente nella scelta degli esercizi più adeguati il proprio coachee.
Concludo, questa carrellata di articoli, con alcuni pensieri di K. Rathunde che condivido pienamente: “Un flusso ricorrente o esperienze di picco possono indicare che si è sul sentiero dello sviluppo dell’identità e delle conoscenza di sé; questo è esattamente il percorso per nutrire lo spirito, che penso Montessori raccomandasse per la preparazione degli insegnati. Se queste osservazioni sono corrette, suggeriscono che, secondo la pedagogia montessoriana, una componente fondamentale della preparazione di un’insegnante è l’autorealizzazione e la ricerca di un’identità autentica attraverso il percorso della motivazione interiore, del flusso e di profonde esperienze della massima intensità che uniscono il sé con l’ambiente. Molte descrizioni di flusso e di esperienze forti sottolineano questi momenti di unità tra il sé e l’ambiente e riportano alla mente le affermazioni di M. Montessori di una persona ricolma di meraviglia e amore per l’universo. Secondo Montessori, una persona di questa portata sarebbe una guida migliore per gli studenti perché avrebbe meno limitazioni personali che possono interferire con la sua capacità ci comprendere il percorso di auto-valutazione del bambino”.