il filo rosso che accomuna le mie scelte
22/03/2022

Il filo rosso scorre all’interno di questi due affascinanti metodi di vita, il coaching umanistico e il metodo Montessori delineando, per me, una strada chiara sulla quale, come fosse una segnaletica, vedo confermate e anche dirette verso nuovi e possibili sentieri le mie intuizioni.

La prima conferma fa riferimento al potenziale umano, la seconda si basa sull’importanza che entrambi i metodi danno all’esercizio, alla ripetizione, all’allenamento, insomma al fare,  la terza si riferisce all’esperienza di flow vera e propria che nel coaching umanistico è necessaria per allenare il senso di autoefficacia delle persone e nel metodo Montessori è determinante per il processo di normalizzazione  e la quarta al ruolo, di mentore, di guida, di maestro  che in entrambi i metodi deve essere un accompagnatore, una persona che sa “stare al fianco” senza indirizzare nelle scelte o impartire ordini.

LA PRIMA: Il potenziale umano

Nell’ articolo al coaching umanistico abbiamo visto che sono proprio le potenzialità individuali a farla da padrone, e come tutto il metodo si basi sulla loro scoperta, definizione e successivo allenamento per il raggiungimento di determinati obiettivi di miglioramento della qualità della vita. Riuscire ad esprimere al meglio le proprie potenzialità è condizione imprescindibile per raggiungere il benessere e felicità intesi come sensazione di completezza e pienezza nel raggiungere “il nostro posto nel mondo”.  Le potenzialità non sono abilità, capacità ed in genere   talenti in sé e per sé, non riguardano cioè risorse che sono tese all’incremento qualitativo o quantitativo della performance o della produttività. Una potenzialità può anche essere un talento, ma un talento in sé non è una potenzialità. Come ha dimostrato Alex Swarzer, ex atleta italiano specializzato nella marcia, campione olimpico della 50 km a Pechino 2008, un talento può essere anche una condanna. È caduto rovinosamente puntando il tutto e per tutto solo sul suo talento senza coltivare le sue altre potenzialità. La potenzialità è collegata a desideri e quindi al piacere, alla gratificazione e al coinvolgimento. È una delle espressioni più intime della nostra personalità. La potenzialità è ispirata e seguita da emozioni positive nel momento in cui si realizza, sia per chi la esprime, sia per chi entra in contatto con chi la esprime. L’emozione è la verifica pratica che una potenzialità è tale ed è personale. L’approccio per la ricerca di una potenzialità non è produttivista ma umanista.  M. Montessori, non solo considera l’espressione e lo sviluppo delle potenzialità individuali come “lo scopo dell’educazione” e quindi anticipa i tempi e  ne riconosce  a pieno titolo l’importanza,  ma insiste sul farci capire il nostro compito essenziale di adulti nel predisporre l’ambiente adatto “per il costruttore dell’uomo” di modo che questo fluire di potenzialità avvenga naturalmente: “Invece il segreto del bambino è appena nascosto dall’ambiente. Ed è sull’ambiente che bisogna agire per liberare le manifestazioni infantili: il bambino si trova in un periodo di creazione e di espansione e basta solo aprirgli la porta. Infatti ciò che si sta creando, ciò che dal non essere passa all’esistenza e che da potenziale si fa attuale, sul momento di uscire dal nulla non può avere complicazioni; e si stratta di un’energia espansiva, non vi è difficoltà al suo manifestarsi”.

Io sono un coach umanista, un ricercatore di potenzialità umane, prima di tutto, e attraverso il dialogo accompagno le persone che lo desiderano nella presa di coscienza del loro reale potenziale, e sono anche una maestra montessoriana, attenta osservatrice dei bisogni del bambino tanto da costruire per lui un ambiente adatto da permettergli di esprimere al meglio le sue potenzialità.

“Stimolare la vita, lasciandola però libera di svilupparsi, ecco il primo dovere dell’educatore”.

LA SECONDA: L’allenamento – il lavoro - l’esercizio

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il fare.

Nel metodo del coaching umanistico le parole “contano”, le domande “potenzianti” servono al cliente per prospettarsi un futuro diverso dal presente che vive, ma tutto questo dialogare, poi deve tradursi in cambiamento che avviene attraverso l’allenamento. Il metodo del coaching affronta le debolezze tramite i punti di forza. Rendendo eccellenti le risorse si compensano e si acquisiscono anche le potenzialità che sono più deboli. Per esempio se l’amore per il sapere è alto e la spiritualità bassa, non è certo con la droga che si sentirà la trascendenza, ma con l’esplorazione e la conoscenza dei sistemi di idee che rappresentano la spiritualità: un possibile esercizio potrebbe essere quello di spendere cinque minuti al giorno per respirare profondamente, rilassarsi e meditare, o meglio visitare un nuovo museo ogni mese e scrivere ciò che hai imparato di nuovo. O ancora se la lungimiranza è forte ma non la persistenza è solo stabilendo obiettivi che sono in linea con la propria convinzione più profonda che possiamo pensare di realizzarli. Un possibile esercizio di allenamento della lungimiranza per rafforzare la persistenza potrebbe essere: spiega la vasta prospettiva della tua vita in una o due fasi come esercizio settimanale.

Ogni programma di allenamento così come ogni esercizio, sarà inevitabilmente personalizzato a seconda del coachee: non esiste un esercizio valido per tutti, pur riferito ad un’unica potenzialità. Questo allenamento serve da carburante motivazionale e riprendendo il motto del coaching “attivare la mente attraverso i muscoli” mi collego al metodo Montessori nel quale il lavoro, l’esercizio, la ripetizione vanno di pari passo come importanza all’attenzione: “aiutami a fare da solo”.

M. Montessori, come sempre, parte dall’origine della cose e nulla lascia al caso, inizia così a spiegare l’importanza del lavoro infantile per “produrre l’uomo”: “Il lavoro infantile è di specie e potenzialità molto diverse, potremmo quasi dire opposte: è un lavoro incosciente, realizzato da un’energia spirituale che si sta sviluppando, un lavoro creatore che ricorda la simbolica descrizione della Bibbia, dove parlando dell’uomo, la scrittura dice soltanto che “fu creato”.Il bambino cresce con l’esercizio: la sua attività costruttiva consiste in un autentico lavoro che materialmente sorge dall’ambiente esterno”.  Da queste basi di pensiero nascono tutte le attività di vita pratica, il materiale sensoriale, il materiale scientifico di sviluppo, insomma si comprende l’importanza del “fare”, concretamente “usare le mani” e non solamente la testa per apprendere e per costruire l’intera personalità umana.

C’è una pagina bellissima ne “La mente del bambino” che tratta proprio dell’importanza di fare esercizio e poi continua delineando un aspetto umano che sia gli adulti che i bambini hanno in comune: il miglioramento.

Scrive così M. Montessori a pag. 208, riferita alla gioventù: “La società generalmente dice “Siate pazienti con la gioventù: occorre insistere con buone intenzioni e buoni esempi”. E si crede, col tempo e la pazienza, di poter realizzare qualcosa: invece non si realizza nulla: col passar del tempo si diventa vecchi, ma non si crea nulla. Nulla può essere compiuto solo con il tempo e la pazienza, se non si è profittato delle occasioni che si presentano durante il periodo creativo” e continua delineando un altro punto: “In tutti gli uomini vi è una tendenza, che esercita una sia pur tenue azione sui difetti del carattere, è la virtù di stimolare il miglioramento. Gli individui e la società hanno questo in comune: il continuo progresso. In altre parole il comportamento dell’uomo non è invariabile come negli altri animali, ma può progredire, ed è naturale che l’uomo senta perciò questa spinta verso il progresso”. Questi pensieri non solo confermano l’importanza del lavoro e dell’impegno nell’evoluzione dell’uomo, ma ci riportano alle teorie del potenziale umano di Maslow, di Seligman o alla SDT vista negli altri articoli, nelle quali viene enfatizzata la necessità che l’uomo ha nel suo essere di progredire, di migliorarsi per dare il meglio di sé.

Il coach umanista è un allenatore di potenzialità che è una risorsa alla stato embrionale che preme per essere espressa e valorizzata come principale punto di forza dell’individuo. È proprio la potenzialità allenata e valorizzata che incide nella realtà e nei contesti e quindi in grado di operare un cambiamento soggettivo e oggettivo. Allo stesso modo la maestra Montessori “allenando” il bambino all’utilizzo delle attività sensoriali prima, alle attività di vita pratica poi e al materiale scientifico di sviluppo dopo, concorre a rispondere al suo bisogno fondamentale di essere aiutato a fare da se.  Ed entrambi adulti e bambini, seguendo le parole di M. Montessori sono mossi dalla loro spinta verso il progresso!

LA TERZA: Il flow e la polarizzazione dell’attenzione

L’esperienza di flow, avviene quando siamo impegnati in un’attività congruente con i nostri interessi, del tutto coerente con il nostro quadro di valori e che soddisfa le nostre motivazioni. La Psicologia Positiva, che non è il pensiero positivo: penso che vada tutto bene e tutto bene andrà, riferendosi al concetto di benessere nella sua accezione eudaimonica, si prefigge proprio una maggiore attenzione agli interessi e ai valori del uomo, credendo in percorsi, come il metodo del coaching umanistico,  che possano garantire l’autorealizzazione di ognuno. Allo stesso modo il polarizzarsi dell’attenzione, riportando proprio le parole di M. Montessori, pone al centro dell’educazione e dello sviluppo continuo uno stato di concentrazione profonda che nasce da “dentro”: “ogni volta che avveniva una simile polarizzazione dell’attenzione, cominciava il bambino a trasformarsi completamente, a farsi più calmo, quasi più intelligente e più espansivo: egli mostrava qualità interiori straordinarie”.

Come coach umanista promuovo le esperienze di flusso attraverso gli allenamenti co-progettati con i miei coachee, e la stessa cosa faccio come educatrice Montessori con i bambini: cerco di  fare in modo che l’adulto “rifiorisca” e il bambino “fiorisca”. Maria Montessori parla di normalizzazione riferendosi alla  capacità del bambino di auto-realizzazione e apprendimento continuo come il risultato di ricorrenti esperienze di concentrazione profonda.

LA QUARTA: Il coach umanista e la maestra Montessori

Una su tutte è la qualità che accomuna queste due figure nei diversi contesti di lavoro: la fiducia. La fiducia incondizionata nella potenza, che non è il potere, dell’uomo.

Come coach umanista credo con sincera sicurezza che il mio coachee, o la famiglia che accompagno,  riuscirà nel suo intento di cambiamento, così come da educatrice Montessori  “ho fede” nel bambino che ho davanti: “Le insegnanti che vengono nelle nostre scuole devono avere una specie di fede che il bambino si rivelerà attraverso il lavoro. Esse devono staccarsi da ogni idea preconcetta che riguardi il livello a cui i bambini possono trovarsi. L’insegnante deve avere fede che il bambino che le sta davanti mostrerà la sua vera natura quando troverà un lavoro che lo attragga. Che cosa cercare allora? Che uno  o l’altro dei bambini cominci a concentrarsi. A provocare questo deve rivolgere le sue energie; e le sue attività cambieranno di stadio in stadio come un’evoluzione spirituale”.

Nel mio lavoro di coach umanista accompagno le persone adulte a trovare o ritrovare la felicità. E allo stesso modo, il metodo Montessori mi permette di accompagnare anche i bambini in questa avventura meravigliosa della vita. Ho una profonda soddisfazione interiore nel lavoro che faccio. Due costanti nella mia vita sono la formazione e la crescita personale che vanno sempre a braccetto nel corso del tempo.  Ho ancora tanto da fare, da imparare, da sperimentare, a livello di personalità interiore o spirituale come scrive la Dottoressa, sia come coach umanista sia come educatrice Montessori, e ci lavoro sempre, mi alleno attraverso la continua conoscenza sempre più approfondita delle mie zone luce e delle mie zone ambra e delle mie potenzialità che rappresentano continuamente nuove sfumature di colori brillanti.

L’aspetto che più accomuna le due figure in questo ambito è però, l’aver fatto loro stessi, maestra e coach, pratica  personale dell’esperienza di flusso, la prima per aver acquisito le capacità di preparare un’ambiente favorevole alla concentrazione e il secondo per indirizzare in maniera competente nella scelta degli esercizi più adeguati il proprio coachee.

Concludo, questa carrellata di articoli,  con alcuni pensieri di K. Rathunde che condivido pienamente: “Un flusso ricorrente o esperienze di picco possono indicare che si è sul sentiero dello sviluppo dell’identità e delle conoscenza di sé; questo è esattamente il percorso per nutrire lo spirito, che penso Montessori raccomandasse per la preparazione degli insegnati. Se queste osservazioni sono corrette, suggeriscono che, secondo la pedagogia montessoriana, una componente fondamentale della preparazione di un’insegnante è l’autorealizzazione e la ricerca di un’identità autentica attraverso il percorso della motivazione interiore, del flusso e di profonde esperienze della massima intensità che uniscono il sé con l’ambiente. Molte descrizioni di flusso e di esperienze forti sottolineano questi momenti di unità tra il sé e l’ambiente e riportano alla mente le affermazioni di M. Montessori di una persona ricolma di meraviglia e amore per l’universo. Secondo Montessori, una persona di questa portata sarebbe una guida migliore per gli studenti perché avrebbe meno limitazioni personali che possono interferire con la sua capacità ci comprendere il percorso di auto-valutazione del bambino”.

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08/03/2025

Il potere delle Donne non è imitare gli uomini: La Forza della Differenza

08/03/2025

Il potere delle Donne non è imitare gli uomini: La Forza della Differenza

Il potere delle Donne non è imitare gli uomini: La Forza della Differenza

La falsa equazione tra potere e somiglianza

Viviamo in un mondo che, per troppo tempo, ha suggerito che per essere forti, per essere ascoltate, per "avere un posto" nel mondo, le donne debbano somigliare agli uomini. Ci hanno detto che dobbiamo acquisire la loro forza, il loro modo di pensare, la loro determinazione quasi aggressiva, per poter emergere. Ma è davvero così? O c'è un'altra via, un'altra forma di potere che non ha bisogno di somigliare a nessun altro se non a noi stesse? In questo articolo voglio esplorare il valore della differenza, il potere autentico della femminilità e come riscoprirlo nella vita di tutti i giorni.

La doppia energia in ognuno di noi: maschile e femminile

Ciascuno di noi porta dentro di sé sia energia maschile che energia femminile. Non si tratta di una contrapposizione, ma di una complementarietà naturale che, quando armonizzata, ci permette di essere completi. La società, tuttavia, ha spesso spinto le donne a sviluppare la propria parte maschile, come se solo attraverso questa potessero essere considerate autorevoli. Ma la vera forza sta nell'accogliere entrambe le energie dentro di noi, senza doverne rinnegare una per emergere.

Come family coach Montessori e life coach umanista, vedo ogni giorno quanto sia importante per le donne riconoscere e valorizzare le proprie potenzialità senza sentire il bisogno di conformarsi a modelli prestabiliti. L'educazione alla vita e alla felicità passa attraverso la consapevolezza di sé, il rispetto della propria natura e la capacità di esprimere con autenticità ciò che siamo davvero.

Differenti ma ugualmente potenti

Non esiste un unico modello di potere. Il nostro mondo, per essere completo, ha bisogno di entrambe le visioni: quella maschile e quella femminile. Ma il problema sorge quando una di queste visioni viene considerata l’unico standard valido.

Le donne pensano in modo diverso dagli uomini, e questo è un dono. Il loro modo di riflettere, di percepire il mondo, di affrontare i problemi è unico e imprescindibile per l’evoluzione della società. Il nostro potere non sta nel cancellare questa differenza, ma nel renderla sempre più visibile, valorizzarla e celebrarla.

Il Metodo Montessori insegna l’importanza della libera espressione e dell’ascolto profondo dei bisogni di ciascun individuo. Applicato alla nostra crescita personale, questo significa accettare la nostra diversità come una ricchezza, non come un limite.

Il mito della forza fisica e della competizione maschile

Per troppo tempo la forza è stata vista solo nella sua dimensione fisica o nella competitività. Ma la vera forza, quella che resiste, che trasforma, che innova, ha molte altre forme:

È la forza della capacità di ascoltare senza prevaricare.

È la forza di costruire connessioni profonde.

È la forza della resilienza, della cura, della capacità di adattarsi e innovare.

Le donne, storicamente, hanno esercitato queste forme di potere in modo straordinario. L’educazione alla felicità, che è parte centrale del coaching umanistico, ci insegna che la vera forza sta nell’autenticità, nella capacità di essere pienamente noi stesse senza bisogno di indossare maschere.

Le trappole dei social media e della rappresentazione della donna

Viviamo in un’epoca in cui i social media ci mostrano continuamente modelli di donna che oscillano tra due estremi: da un lato l’iper-femminilità performativa, dall’altro l’imitazione del modello maschile. Ma esiste un terzo spazio: quello in cui possiamo essere semplicemente noi stesse, senza sentirci obbligate a rientrare in un canone prestabilito.

I social possono essere strumenti potenti per ridefinire la narrazione sulla femminilità, ma dobbiamo usarli in modo consapevole. Creare una nuova immagine di potere femminile significa proporre contenuti che mostrino la bellezza della diversità, che raccontino la forza della vulnerabilità e la potenza dell’autenticità.

Riscoprire e abbracciare la nostra essenza femminile

Essere donne non significa aderire a modelli precostituiti, ma avere il coraggio di riscoprire chi siamo davvero. In un’ottica di coaching umanistico, questo significa allenare le nostre potenzialità e costruire uno sguardo orientato ai nostri punti di forza, anziché soffermarci su ciò che ci manca o su chi dovremmo essere secondo le aspettative sociali.

Quali sono le caratteristiche che ci rendono uniche?

Quali pensieri, quali sogni, quali modalità di vivere il mondo ci appartengono profondamente?

Quali condizionamenti sociali ci spingono a nascondere parti di noi?

Attraverso la scoperta e l’allenamento delle nostre potenzialità, possiamo trasformare il nostro modo di vivere, riconoscendo che ciò che ci rende diverse ci rende anche potenti. Il coaching umanistico ci insegna a guardare oltre le etichette, a riscoprire il valore delle nostre inclinazioni naturali e a farne strumenti di crescita e realizzazione.

Ogni donna ha dentro di sé una riserva di forza, creatività, empatia e coraggio che può sviluppare consapevolmente. Il percorso di riscoperta della propria essenza è un viaggio di libertà interiore, un cammino di autoeducazione alla vita e alla felicità, esattamente come insegna il metodo Montessori: attraverso l’osservazione di sé, la sperimentazione e la fiducia nei propri talenti.

La libertà più grande sta nell’accettazione di sé. Questo è il cuore del mio lavoro: aiutare le donne a riconoscere la loro potenza, a trovare la propria voce, a vivere la propria vita in armonia con ciò che sono. Essere donne non significa aderire a modelli precostituiti, ma avere il coraggio di riscoprire chi siamo davvero.

La vera libertà è essere noi stesse

Non dobbiamo essere più simili agli uomini per essere forti. Dobbiamo essere più simili a noi stesse. La potenza della femminilità non sta nell’omologazione, ma nella differenza. Non sta nel conformarsi, ma nel riscoprirsi. E solo quando saremo consapevoli della nostra unicità potremo davvero esprimere il nostro potere nel mondo.

Felici s’impara. E si impara anche ad essere pienamente donne, nella forza della nostra essenza.

A presto, 

la tua allenatrice di felicità. 

 

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06/03/2025

Pazienza e nervosismo in famiglia: perché perdiamo la calma e come ritrovarla

06/03/2025

Pazienza e nervosismo in famiglia: perché perdiamo la calma e come ritrovarla

Pazienza e nervosismo in famiglia: perché perdiamo la calma e come ritrovarla

La pazienza in famiglia: una risorsa preziosa, ma limitata

Ti è mai capitato di dire (o solo pensare): "Non ce la faccio più!"? Di sentirti sopraffatta dalle richieste, dalle urgenze, dai bisogni degli altri? Di esplodere e poi pentirtene subito dopo?

Se la risposta è sì, voglio dirti una cosa importante: non sei sola.

La pazienza non è infinita. E non si tratta di una virtù che alcune persone possiedono e altre no. La pazienza è una competenza, un'abilità che possiamo imparare e allenare. E nel momento in cui scegli di lavorarci sopra, inizi a trasformare non solo il tuo benessere, ma anche quello della tua famiglia.

Perché perdiamo la pazienza in famiglia?

Prima di trovare le strategie per gestire la calma, dobbiamo capire perché la perdiamo così facilmente. Le ragioni possono essere molte, ma ecco alcune delle più comuni:

1️⃣ Sovraccarico mentale: quando hai mille cose da gestire (casa, lavoro, figli, impegni) la tua mente si riempie e il tuo sistema nervoso va in tilt. Il cervello, sotto stress, diventa meno capace di gestire le emozioni.

2️⃣ Mancanza di tempo per sé: essere sempre a disposizione degli altri senza mai ricaricare le energie è la ricetta perfetta per l'esplosione.

3️⃣ Aspettative troppo alte: vorremmo bambini collaborativi, un partner sempre in sintonia, una casa ordinata. Ma la realtà è diversa. Accettarla non significa rassegnarsi, ma imparare a vivere con maggiore leggerezza.

4️⃣ Mancanza di strumenti educativi efficaci: spesso, la nostra impazienza deriva dal fatto che non sappiamo come affrontare le situazioni critiche in modo diverso. Se l'unico strumento che conosciamo è alzare la voce, lo useremo, anche se sappiamo che non funziona.

5️⃣ Stanchezza emotiva: quando siamo mentalmente ed emotivamente esaurite, la nostra soglia di tolleranza si abbassa. Ecco perché alcune cose che di solito riusciamo a gestire con un sorriso, in certi momenti ci sembrano insopportabili.

Le domande più comuni dei genitori (e le risposte pratiche!)

Sul web e sui social, le domande più frequenti sulla pazienza in famiglia rivelano un grande bisogno di strategie concrete. Eccone alcune:

1. È normale perdere la pazienza con i miei figli?

Assolutamente sì. Non siamo robot e non possiamo essere pazienti 24 ore su 24. L'importante non è essere sempre calme, ma riconoscere i segnali del nervosismo e intervenire prima di esplodere.

2. Come faccio a smettere di urlare?

Urlare è il segnale di un accumulo di tensione. Se vogliamo smettere, dobbiamo lavorare a monte: ridurre lo stress, riconoscere quando stiamo per perdere la calma e trovare strategie alternative per comunicare.

3. Come posso mantenere la calma quando i miei figli non ascoltano?

Imparando a guardare la situazione con occhi diversi. Spesso pensiamo che il bambino ci stia sfidando, mentre in realtà sta solo esprimendo un bisogno o una difficoltà. Se smettiamo di vederlo come un "capriccio" e iniziamo a chiederci "cosa sta cercando di dirmi?", tutto cambia.

4. Come posso evitare di scaricare lo stress sulla mia famiglia?

Prendendoci spazi di decompressione durante la giornata. Anche solo 5 minuti per respirare, bere un tè caldo o ascoltare una canzone che ci piace possono aiutarci a ridurre la tensione.

Strategie pratiche per allenare la pazienza

�� Il respiro consapevole: quando senti che stai per perdere la pazienza, fermati e fai tre respiri profondi. Questo aiuta il cervello a passare dalla reazione impulsiva a una risposta più calma.

�� Tecnica Montessori dell'osservazione: prima di intervenire, prova a osservare senza giudicare. Cosa sta realmente succedendo? Spesso, vedendo la situazione con più distacco, la tensione si scioglie.

�� Cambia prospettiva: chiediti "Questa situazione sarà ancora un problema tra una settimana?". Se la risposta è no, forse non vale la pena perdere la calma.

�� Trova una frase ancora più potente dell’urlo: invece di dire "Basta!", prova a dire "Respiriamo insieme e troviamo una soluzione". Non solo abbassi il livello di tensione, ma offri un modello di gestione delle emozioni ai tuoi figli.

Vuoi allenare la tua pazienza? Ecco come fare!

Se senti che la pazienza ti sfugge di mano e vuoi strumenti pratici per gestire meglio lo stress e la comunicazione in famiglia, ho creato un corso pensato proprio per te:

✨ "Ma la pazienza? Si compra scontata?" ✨

Un’esperienza pratica e coinvolgente per aiutarti a: ✔ Riconoscere i segnali del nervosismo prima che prenda il sopravvento ✔ Apprendere tecniche per mantenere la calma nelle situazioni difficili ✔ Trasformare il conflitto in un’opportunità di crescita ✔ Avere più serenità e leggerezza nella vita quotidiana

�� Nuova edizione in partenza martedì 18 marzo in presenza in studio da me a Gardone val Trompia, dalle 20 alle 22,  oppure on line giovedì 20 marzo su piattaforma meet dalle 18 alle 20.

Scrivimi per info e per prenotare il tuo posto!

Per concludere …la pazienza si allena, ogni giorno

La pazienza è un'abilità, e come ogni competenza, si sviluppa con l'esercizio. Non essere troppo dura con te stessa: ogni giorno è un'opportunità per migliorare, per ascoltarti e per trovare strategie più efficaci.

E tu? Qual è la situazione in cui perdi più spesso la calma? Te leggo volentieri se vuoi condividere i tuoi pensieri. 

A presto 

Santina, la tua allenatrice di felicità. 

 

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05/03/2025

Crescere insieme: Come aiutare tuo figlio a sviluppare competenze sociali con rispetto e consapevolezza

05/03/2025

Crescere insieme: Come aiutare tuo figlio a sviluppare competenze sociali con rispetto e consapevolezza

Crescere insieme: Come aiutare tuo figlio a sviluppare competenze sociali con rispetto e consapevolezza

 

Ti sei mai chiesto come puoi aiutare tuo figlio a relazionarsi meglio con gli altri? A essere sicuro di sé nelle amicizie, a saper esprimere i suoi bisogni senza imporsi e a rispettare quelli degli altri senza subire? Sono domande che ogni genitore si pone, perché sappiamo che le relazioni sono una parte fondamentale della vita, eppure non nasciamo "imparati".

Le competenze sociali non sono innate: si sviluppano, si allenano, si costruiscono giorno dopo giorno. Ad esempio, quando un bambino gioca con altri e si trova di fronte a un disaccordo, impara a negoziare, a condividere e a esprimere le proprie emozioni. Ogni interazione, anche le più piccole, diventa un'opportunità per sviluppare empatia, rispetto e capacità comunicative. E qui entra in gioco il nostro ruolo di genitori, educatori, guide silenziose. Il Metodo Montessori e il coaching umanistico ci insegnano che il bambino non ha bisogno di essere plasmato, ma di essere accompagnato con rispetto alla scoperta del suo potenziale sociale. Vediamo insieme come possiamo farlo nel quotidiano.

Le competenze sociali: Cosa sono e perché sono fondamentali?

Le competenze sociali sono quell’insieme di capacità che permettono a tuo figlio di creare relazioni sane e rispettose. Tra le più importanti troviamo:

Empatia (capire cosa provano gli altri e rispondere con sensibilità),

Comunicazione efficace (saper esprimere pensieri e sentimenti con sicurezza),

Ascolto attivo (prestare attenzione senza interrompere o giudicare),

Gestione dei conflitti (trovare soluzioni invece di imporsi o chiudersi),

Collaborazione (costruire insieme invece che competere).

Queste competenze non si insegnano con le sole parole, ma si apprendono attraverso le esperienze quotidiane. Ecco perché è essenziale offrire ai bambini occasioni concrete per allenarle.

Il ruolo dell’ambiente e dell’educazione Montessori nello sviluppo sociale

Maria Montessori parlava di "ambiente preparato", uno spazio fisico e relazionale che permette al bambino di sviluppare autonomia e rispetto reciproco. Questo principio vale anche per la socialità. Come possiamo creare un ambiente che favorisca lo sviluppo delle competenze sociali?

Diamo libertà con responsabilità → Se vogliamo che i bambini imparino a gestire i rapporti, dobbiamo permettere loro di sperimentare. Un bambino che può scegliere come interagire impara anche a gestire le conseguenze delle sue scelte.

Insegniamo attraverso l’esempio → I bambini ci osservano più di quanto ci ascoltino. Se vogliamo che imparino a chiedere "Per favore" o "Come ti senti?", dobbiamo farlo noi per primi.

Favoriamo le interazioni di gruppo → In un ambiente Montessori i bambini collaborano più che competere. Anche a casa, possiamo creare occasioni di collaborazione: cucinare insieme, costruire un puzzle in due, prendersi cura di una pianta in famiglia. Il messaggio è chiaro: insieme possiamo fare grandi cose.

La comunicazione efficace: Il linguaggio che nutre le relazioni

Le parole hanno un potere enorme: possono costruire ponti o creare muri. Pensiamo a quando un bambino fa un errore: se gli diciamo "Sei sempre distratto!", lo etichettiamo e lo facciamo sentire incapace. Ma se invece gli diciamo "Hai fatto un errore, può capitare! Vediamo insieme come correggerlo", gli trasmettiamo fiducia e lo aiutiamo a sviluppare una mentalità di crescita.

Invece di dire: “Smettila di fare storie”, possiamo dire “Vedo che sei arrabbiato, vuoi raccontarmi cosa succede?”.

Invece di “Non essere timido”, proviamo con “Se vuoi, possiamo trovare insieme un modo per avvicinarti ai tuoi amici”.

Questo è il cuore della Comunicazione Non Violenta (CNV): un linguaggio che aiuta i bambini a riconoscere e esprimere i propri bisogni senza aggressività né chiusura. Un’abilità che li aiuterà per tutta la vita e che rafforza la loro sicurezza emotiva.

"Il lavoro" e l’esperienza diretta: imparare a stare con gli altri

I bambini apprendono "lavorando". Nel metodo Montessori le attività per i bambini vengono definite "Lavori" in quanto sempre, sempre hanno uno scopo e una finalità ben precise. E alcune attività possono essere potenti strumenti per allenare le competenze sociali:

Giochi di ruolo: inventare storie in cui devono "mettersi nei panni" di un altro li aiuta a sviluppare empatia.

Sport di squadra: collaborare per un obiettivo comune migliora la gestione delle dinamiche di gruppo.

Attività artistiche di gruppo: musica, teatro, disegno collettivo... tutto ciò che permette di esprimersi insieme, senza competizione.

Queste esperienze aiutano il bambino a scoprire sé stesso in relazione agli altri, stimolando la sua sicurezza sociale e la capacità di cooperare.

Aiutare i bambini a gestire i conflitti

Un conflitto tra bambini è un’occasione di crescita, non un problema da eliminare. Immagina due bambini che vogliono giocare con lo stesso giocattolo: invece di intervenire subito con un “datevelo a turno”, possiamo aiutarli a trovare una soluzione autonoma chiedendo: “Come potete fare per risolvere questa situazione in modo che entrambi siate contenti?” Questo approccio insegna loro a riflettere, negoziare e trovare accordi, sviluppando competenze fondamentali per la vita. Il nostro compito non è risolverlo al posto loro, ma aiutarli a trovare strumenti per affrontarlo.

Accogliere le emozioni: "Capisco che sei arrabbiato, è normale sentirsi così quando ci sentiamo esclusi."

Fare domande invece di dare ordini: "Cosa pensi che potresti fare per risolvere questa situazione?"

Rinforzare i progressi: "Mi è piaciuto come hai chiesto a Luca di spiegarti perché era arrabbiato. Questo è un modo bellissimo per capirsi meglio."

Quando i bambini imparano a risolvere i conflitti con rispetto e intelligenza emotiva, costruiscono relazioni più forti e durature.

Felici si impara, insieme

Le competenze sociali sono come muscoli: più le alleniamo, più diventano forti. E proprio come per i bambini, anche noi adulti possiamo chiederci: come possiamo migliorare la nostra capacità di comunicare, ascoltare e gestire i conflitti? Essere un modello positivo per i nostri figli significa anche allenare le nostre competenze sociali, con consapevolezza e desiderio di crescita. E non si allenano solo a scuola o tra amici, ma in ogni relazione, ogni giorno.

Come genitori, possiamo creare un ambiente in cui nostro figlio possa scoprire il piacere di relazionarsi con gli altri, senza paura, senza maschere, con autenticità e fiducia.

Se vuoi approfondire questi temi e scoprire come applicare il metodo Montessori e il coaching umanistico nella tua quotidianità, continua a seguirmi.  Perché felici si impara, e la felicità è anche nelle relazioni che scegliamo di costruire!

 

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30/01/2025

Mamme tra lavoro e famiglia: il vero equilibrio esiste?

30/01/2025

Mamme tra lavoro e famiglia: il vero equilibrio esiste?

Mamme tra lavoro e famiglia: il vero equilibrio esiste?

Sono una mamma. Sono una professionista. Sono una donna con sogni, desideri, ambizioni e, come tutte, con una vita da incastrare tra mille impegni.

E sì, me lo sono chiesto anche io tante volte: E se mollassi tutto?

Se un giorno decidessi di smettere di lavorare per dedicarmi completamente alla mia famiglia? Se potessi finalmente vivere senza corse, senza il senso di affanno, senza la sensazione di essere sempre in ritardo sulla mia stessa vita?

Perché diciamocelo: essere una mamma che lavora non è facile. Ma nemmeno essere una mamma a tempo pieno lo è.

La verità è che la società ci chiede continuamente di scegliere: o sei una mamma realizzata nel lavoro, indipendente e in carriera, oppure sei una mamma che si dedica interamente alla famiglia e che “sacrifica” sé stessa per il bene dei figli.

Ma io non credo nelle scelte nette. Io credo nell’equilibrio. Credo nella possibilità di trovare un modo per essere una mamma felice senza rinunciare a una parte di sé.

Quel pezzo che manca sempre…

Non molto tempo fa, sono stata costretta a fermarmi per qualche giorno. L’influenza mi ha tenuta a casa e, per la prima volta dopo tanto tempo, non avevo scadenze, appuntamenti, corsi da preparare.

All’inizio mi è sembrato bellissimo: poi qualcosa ha iniziato a scricchiolare, mi sentivo inquieta. Mi mancava un pezzo.

Perché sono una mamma, ma sono anche una persona che ama il suo lavoro, che ha costruito un percorso, che si sente viva quando può aiutare le persone a riscoprire sé stesse. E, anche se amo profondamente stare con mio figlio, sentivo che, senza quel pezzo, mi mancava qualcosa di essenziale.

E allora mi sono chiesta: quante mamme si sentono così? Quante si trovano divise tra il desiderio di essere presenti e il bisogno di non perdersi come donne?

Mamme lavoratrici: il dilemma tra felicità e sensi di colpa

Noi mamme lavoratrici conviviamo con una sensazione che sembra non lasciarci mai: il senso di colpa.

��‍�� “Se lavoro, i miei figli sentono la mia mancanza.”
��‍��‍�� “Se resto a casa, perdo una parte di me.”

Ogni scelta sembra sbagliata.

Eppure, nel tempo ho capito che non è la quantità di tempo che passo con mio figlio, e la mia famiglia a fare la differenza, ma la qualità di quel tempo.

Perché posso essere presente tutto il giorno e sentirmi frustrata e distratta. Oppure posso avere meno tempo, ma viverlo con autenticità, presenza e connessione.

E questo me lo ha insegnato proprio il Metodo Montessori, che applico nel mio lavoro come educatrice e Family Coach:
✔ Un bambino non ha bisogno di una mamma sempre presente, ma di una mamma felice.
✔ L’indipendenza è un valore, per i figli e per le madri.
✔ Un ambiente armonioso conta più delle ore trascorse insieme.

Se mi sento bene con la mia vita, mio figlio lo percepisce. Se io sono felice, lui/lei cresce con una mamma che gli trasmette sicurezza e amore.

E allora ho smesso di farmi la domanda sbagliata (è meglio lavorare o restare a casa?) e ho iniziato a chiedermi: come posso costruire un equilibrio che mi faccia sentire bene?

Mamme a tempo pieno: libertà o gabbia invisibile?

Dall’altra parte, ci sono mamme che scelgono di dedicarsi completamente alla famiglia. E spesso mi capita di lavorare con loro nei miei percorsi di coaching: Mamma Life Balance.

Alcune sono felici, altre no.

Perché il problema non è se si lavora o meno, ma se quella scelta è consapevole o subita.

Ho conosciuto mamme che si sono sentite costrette a lasciare il lavoro perché non c’era abbastanza supporto, perché conciliare tutto sembrava impossibile. Donne che hanno sacrificato sé stesse senza accorgersi che, col tempo, quel sacrificio si trasformava in frustrazione.

E allora iniziano a sentirsi invisibili, a percepire che il loro valore è legato solo a quello che fanno per gli altri. E una mamma che non si sente più vista, amata e valorizzata, lentamente smette di sentirsi felice.

Ecco perché il vero punto non è scegliere tra lavoro e famiglia, ma scegliere noi stesse, scegliere di stare bene.

Il segreto della felicità materna: scegliere il proprio equilibrio

Non esiste una formula perfetta per tutte, e ancor di più non esiste la “Bacchetta magica” che con un incantesimo fa cambiare le cose. Esiste il DDF, quello sì, esiste davvero, bello, chiaro, e limpido come l’acqua: Darsi Da Fare.

Esistono mamme che amano il loro lavoro e si sentono complete così.
Esistono mamme che si realizzano nella cura della famiglia e stanno bene in questa dimensione.
Ed esistono mamme che devono ancora trovare la loro strada.

Ma c’è una cosa che ho imparato: quando una mamma è felice, tutta la famiglia sta meglio.

E allora smettiamo di sentirci in colpa.
Smettiamo di farci definire dagli schemi esterni.
Smettiamo di chiederci se stiamo facendo abbastanza.

E iniziamo a chiederci: come voglio sentirmi?

Perché essere mamme è una parte di noi, ma non è tutta la nostra identità.

E la felicità, come sempre, si impara strada facendo.

 

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