03/12/2023
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03/12/2023
Novembre
Ogni cosa a suo tempo, un tempo per ogni cosa.
La normalizzazione: ma…che roba è?
Questo articolo è molto legato a quello del mese scorso quasi da esserne una seconda parte, che continua a cogliere nel rispetto dei tempi della natura umana lo scorrere della nostra vita e soprattutto dovrebbe vedere e osservare, nel rispetto dei tempi dei bambini, il fluire della loro formazione. L’obiettivo principale del Metodo Montessori è la “normalizzazione” del bambino, questo termine ha dato adito a molti fraintendimenti, invece per “normalizzazione” Maria Montessori intende il processo attraverso cui il bambino raggiunge l’equilibrio, la spontaneità, e la capacità di utilizzare nel modo più completo le sue caratteristiche e potenzialità. Questo può essere possibile solo ed esclusivamente se noi adulti non ci mettiamo del nostro… La dottoressa Montessori nei suoi scritti è sempre molto diretta, schietta e sincera, non gira attorno ai concetti per “indorarci la pillola” e scrive nel “Segreto dell’Infanzia” a pag. 224: “L’adulto ha spinto indietro l’anima del bambino, si è sostituito a lui, vi ha soffiato sopra i suoi aiuti inutili, le sue suggestioni e l’ha spenta: e non se ne è reso conto”. Ricordiamoci sempre di queste parole quando diciamo a un bambino “faccio io che tu sei piccolo e non sei capace”. La filosofia Montessori divide lo sviluppo dell’individuo in quattro momenti evolutivi ben distinti che sono i quattro piani di sviluppo che partono dalla nascita e arrivano ai 24 anni e scandiscono il ritmo di costruzione della vita stessa, all’interno di questi anni il primo periodo, quello della fanciullezza che va da zero a sei anni è quello che più c’interessa in quanto dà ai bambini, nei suoi anni più formativi, una base solida per diventare un adulto responsabile, felice e realizzato. Durante gli anni della fanciullezza ci sono dei periodi particolari chiamati periodi sensitivi nei quali il bambino sviluppa una irrefrenabile attrazione per qualcosa. Può trattarsi di una competenza o dell’apprendimento di una abilità; noi adulti/educatori riconosciamo che si tratta di un periodo sensitivo perché il bambino mostra un interesse particolare in un’area specifica. Possiamo paragonare i periodi sensitivi a dei fari che si accendono su determinati aspetti della vita del bambino per un periodo limitato di tempo, i principali periodi sensitivi sono legati all’ordine, al movimento e al linguaggio. Ma...vi chiederete…perché c’interessano i periodi sensitivi e i piani di sviluppo? C’interessano eccome, perché fanno tutti parte di un grande quadro che è il processo di sviluppo del bambino scandito da tempi precisi, lenti e pazienti, che sono tempi della natura e non i nostri! Come non si possono tirare i fiori per farli crescere velocemente, allo stesso modo non possiamo spingere i bambini verso esperienze che non sono ancora pronti a vivere, ma non sostituiamoci a loro quando invece possono fare da soli!
Concludo informandovi che ci sarà una sorpresa! Sto preparando un regalo di Natale per tutti i miei lettori!!!
Invito alla lettura
Elena Balsamo
Libertà e amore
L’approccio Montessori per un’educazione secondo natura
Prefazione di Piero Ferrucci
Il leone verde Edizioni
01/11/2023
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01/11/2023
Ottobre
Le possibilità impossibili. Non si lascia indietro nessuno!
Oggi, purtroppo quasi senza rendercene conto, rifiutiamo tutto quello che non è immediato e istantaneo. Il famoso detto: “Chi va piano, va sano e va lontano” non prende più!!! Se la pagina di Google non si apre subito, ma proprio subito, già ci spazientiamo; se al messaggio non segue immediatamente l’emoj che ride o che piange o che saluta, andiamo in ansia; se i likes sui social tardano ad arrivare la depressione è alle porte; se qualcuno arriva con qualche minuto di ritardo ad un appuntamento il nervosismo si fa sentire; se ci fermiamo, con la macchina, alle strisce pedonali per far attraversare un pedone…sapete bene cosa succede…
Dalla forma passa la sostanza, ed a volte, la sostanza che ci viene rimandata dalle nostre azioni non è umanamente edificante. Tutto, ormai, associato al termine “lentezza”, ci riporta ad un significato negativo: debolezza, stanchezza, noia, vecchiaia, diversità, dsa (disturbi specifici di apprendimento), bes (bisogni educativi speciali), disabilità…
Sembriamo non più capaci di trovare “momenti” per vivere una dimensione di lentezza perché siamo in un vortice tecnologico nel quale ci mettiamo a servizio.
Eppure saper rallentare e saper guardare al di là del futuro impegno imminente da svolgere, ci consentirebbe di vedere e capire noi stessi e gli altri come difficilmente c’immaginiamo. Maria Montessori nel lontano 1898 quando sollevò la questione dei bambini frenastenici sosteneva che l’educazione corrisponde ad aiutare il bambino a sfruttare la potenza auto-educante di cui ognuno è portatore, e il suo metodo partì proprio con lo studio e l’osservazione di bambini con problemi psichici espandendosi poi all’educazione di tutti i bambini del mondo. La pazienza, il silenzio, la lentezza sono stati i maggiori alleati della Montessori. Il 7 aprile 1900 venne inaugurata la Scuola Magistrale Ortofrenica e i risultati di apprendimento osservati furono impressionanti.
Solo se andiamo lenti possiamo vedere “dentro l’anima del fanciullo l’uomo che ci sta assopito” scrive Maira Montessori e solo se andiamo piano piano possiamo cogliere l’essenza di un bambino e non solo la sua disabilità.
L’argomento è complesso ed è mia intenzione portare alla riflessione, non alla polemica. Tanti sono i servizi, scolastici, territoriali, educativi, di volontariato, che ruotano attorno all’inclusività scolastica dei bambini diversamente abili, e di conseguenza tante sono le persone che, a vario titolo, si trovano a “doversi” prendere cura della situazione di difficoltà: tante persone che costituiscono i servizi, tante persone appunto, che possono fare la differenza attraverso il loro modo di essere, di agire, di comportarsi; nel dire una parola di conforto invece di una di giudizio, nel guardare negli occhi la persona con la quale stanno parlando invece di guardare l’orologio o il telefono, nel “dare tempo” alle situazioni per voler vederle davvero non solo per compilare un modulo, nel guardare i bambini con delle fragilità volendo trovare i punti di forza e non solo e sempre i punti deboli! Solo così non lasciamo indietro nessuno. Qual è, secondo voi, il ruolo della diversità? Io voglio credere che una delle sue funzioni sia proprio quella di dimostrarci che ci sono diversi tipi di andature e di velocità, ed imparare ad apprezzare la lentezza può diventare una risorsa.
Invito alla lettura
Gianfranco Zavalloni
La pedagogia della lumaca
Per una scuola lenta e nonviolenta
EMI Bologna
01/10/2023
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01/10/2023
Settembre
Il lavoro batte il gioco. Come mai la dott.ssa Montessori si riferisce alle attività deo bambini parlando sempre di “lavoro”?
Pensate per un attimo prima di continuare la lettura, a quei momenti della vostra vita, nei quali, dopo un buon lavoro, la soddisfazione e l’entusiasmo entrano a pieno carico nella vostra anima e una sensazione di euforia pervade corpo e mente come a voler suggerire di ricominciare presto!
Pensate ancora alla concentrazione di quei momenti e al piacere di fare, di praticare appieno un’esperienza che risponde ai bisogni profondi di realizzazione personale. Questa breve visualizzazione vi serve per comprendere meglio lo spirito dei bambini al lavoro. I bambini messi di fronte ad un possibile scelta preferiscono sempre fare un “lavoro” vero, come pulire, cucinare, fare giardinaggio; desiderano partecipare alla vita famigliare svolgendo attività che hanno uno scopo e un significato ben definito e utile, non solo a loro stessi, ma anche all’interno gruppo famiglia.
Le attività che vengono proposte ai bambini, in una scuola Montessori, hanno sempre degli scopo e dei fini ben delineati: inizialmente il bambino è accompagnato dall’attività stessa a svolgere, nel modo migliore possibile in quel suo preciso momento di sviluppo, un determinato compito, come per esempio per il travaso di acqua tra due piccole brocche, lo scopo esplicito riguarda proprio l’abilità manuale del travaso di acqua da una brocca all’altra; durante l’attività, il bambino, attraverso la concentrazione che gli è necessaria per lo svolgimento del compito e la ripetizione, per affinare sempre meglio la sua abilità, alimenta la sua vita psichica e spirituale così da arrivare all’autonomia.
Durante questo magnifico processo di crescita, è presente un elemento fondamentale, una guida silenziosa che dice ai bambini se sono sulla strada giusta: “il signor errore”. I bambini da soli imparano a correggersi e in questo modo continua il cammino individuale di fiducia in sé stessi. Riprendendo l’esempio del travaso, sarà proprio l’acqua che fuoriesce dalla brocca e che sporca il tavolo, ad insegnare in modo silenzioso.
Il controllo dell’errore, presente in tutte le attività Montessori, dalle basiche fino ad arrivare al materiale scientifico, consente ai bambini non solo di autocorreggersi, essendo “padroni” dei loro errori, ma anche di sperimentare indirettamente un sentimento di fratellanza. Così scrive Maria Montessori: “Gli errori ci avvicinano e ci fanno più amici: la fratellanza nasce meglio sul sentiero degli errori che su quello della perfezione”. Anche a casa vostra, ogni volta che è possibile, lasciate che i bambini usino degli oggetti veri e permettetegli di aiutarvi! Chiaramente sempre in sicurezza!
Dietro il concetto di “lavoro” che si accompagna a tutte le attività vere ci stanno anni di studio, di osservazioni quiete, umili e pazienti di Maria Montessori che ci indica la strada da percorrere per aiutare i nostri bambini a fare da soli. Davvero!
Invito alla lettura
Maria Montessori
La scoperta del bambino
Garzanti Elafanti
29/08/2023
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29/08/2023
Agosto
Serve allenamento per gestire le situazioni critiche.
Consigli per i momenti difficili: l’amore ci acceca, dobbiamo essere preparati!
Nell’articolo di luglio vi ho anticipato che l’amore da solo, per educare, non basta e molti di voi mi avete scritto chiedendomi cosa serve insieme all’affetto e alla dedizione, per formare alla vita un bambino? Dobbiamo contare sulla padronanza di tre strategie: la prima riguarda la conoscenza, la seconda si riferisce all’organizzazione e la terza ve la dico alla fine!
Conoscere le tappe evolutive dei bambini, così da non pretendere troppo, ma nemmeno troppo poco, consente ai bambini di fare esperienze dirette. Su questo aspetto Maria Montessori era molto esplicita: “Quando un bambino non può fare quello che è in grado di fare perché qualcuno non glielo permette, sovrapponendosi a lui, non si tratta di un errore, ma di un danno”. È facendo che i bambini sviluppano le proprie autonomie, agendo da soli! Per esempio sapere che un bambino di tre anni è capacissimo di lavarsi, bene e da solo, le mani, il naso e la bocca, di asciugarsi, e di riporre la salvietta al suo posto diventa necessario di fronte a una crisi di pianto, apparentemente inspiegabile, di un bimbo in bagno con la mamma che insiste per lavarlo lei!
In merito alla seconda strategia, l’organizzazione, i bambini hanno bisogno di routine e rituali, di coerenza, di ripetizioni sempre uguali, di sapere cosa succederà dopo e di essere sicuri che “qual dopo” si replica sempre allo stesso modo, e non abbiate paura che i bambini, così facendo, si annoino, perché avviene il contrario, si rassicurano, si divertono e iniziano a pensare che lo spazio e il tempo possono essere dominati. Il “sempre uguale” ai bambini infonde serenità e per noi adulti, che ci occupiamo di loro, vuol dire creare momenti, su misura per entrambi, sempre più precisi e puntuali. Ho volutamente lasciato la terza strategia, per ultima perché merita attenzione privilegiata: entrano in gioco le nostre emozioni, i sentimenti e i nostri vissuti passati. È la strategia “dolce-ferma”.
È molto importante che quando ci rapportiamo ai bambini, quando comunichiamo con loro, passi tutto il nostro amore e con gran voce. Serve dolcezza nello sguardo e nelle parole, sentimento nell’anima che vuole davvero il bene dell’altro, delicatezza nel tatto e nel tocco, rispetto davanti ad una persona altra da noi, se pur piccola, ma allo stesso tempo, serve essere fermi, sicuri, fiduciosi, certi e coerenti con il proprio ideale educativo che non deve cadere né di fronte a sceneggiate, né davanti a pianti isterici, né, soprattutto, si deve nascondere dietro ai nostri sensi di colpa.
Non crediate che io abbia chissà quali poteri o uno bacchetta magica, oppure che sia semplice educare i bambini con i quali lavoro, non è affatto così! Serve davvero essere preparati e allenati, sempre!
Invito alla lettura
Daniele Novara
Urlare non serve a nulla
Gestire i conflitti con i figli per farsi ascoltare e guidarli nella crescita
Bur Rizzoli
27/07/2023
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27/07/2023
Luglio
Corri piano e mi raccomando non sudare!
Se è no è no, ma se è sì deve essere sì: la coerenza educativa.
Mi capita spesso, di osservare scenette molto divertenti con protagonisti i miei attori preferiti i bambini e i loro genitori, al bar, al ristorante, al parco, al supermercato, insomma in giro, che se da un lato mi fanno sorridere, dall’altro mi convincono sempre di più che l’amore non basta, per educare serve essere preparati.
Per esempio: (bambino di più o meno tre anni) “Amore cosa vuoi da mangiare?”, il bimbo chino sul cellulare non alza nemmeno lo sguardo, e lei: “Ti leggo il menù dai, così decidi”. DECIDI COSA??? A tre anni deve decidere cosa mangiare al ristorante? NO!!! I genitori scelgono cosa è meglio mangiare!
Consideriamo in primis che il verbo educare, come significato, è molto lontano dal concetto di accudire o assecondare, in quanto, questi ultimi verbi parlano la lingua delle nostre paure e fragilità e su questa scia s’ improvvisano decisioni per semplificare, per non perdere tempo o per potersi ritagliare brevi momenti di pseudo-relax.
Torna, ancora una volta a farsi importante il senso del limite! Siamo noi, adulti/genitori/educatori che fissiamo le regole, poche, chiare, e precise, e dentro questi paletti i bambini si devono muovere liberi. Non è essere “genitori cattivi”, ma stabilire i confini entro i quali muoversi, rappresenta un agire educativo che mira ad un ampio disegno formativo di crescita, i genitori così facendo non “vanno dove tira il vento”, ma seguono una logica educativa pensata e condivisa dalla famiglia stessa, mamma e papà su tutti, e poi i bambini.
Premesso questo, è anche vero che, a volte, pur con tutto il buon senso dovuto in certe situazioni ci si perde in un bicchier d’acqua, quando, come scritto nel titolo diciamo ai bambini frasi del tipo “Corri piano e non sudare” oppure “Vai a giocare e divertiti, ma non sporcarti” o ancora “Metti in ordine oppure butto via tutto”, e l’ultima, sentita oggi al supermercato: “Mangialo pure il gelato, ma non adesso”. Il bambino in questione si è messo a piangere disperato, in effetti i piccoli non hanno il senso del tempo, non capiscono ancora il “dopo” o il “non adesso”! Perché non dire, invece: “Il gelato lo mangiamo a casa”? oppure “I giocattoli vanno messi in ordine”?
Sulle prime due frasi che dire? Immaginatevi per un momento i bambini che si sentono ripetere quelle frasi, cosa potrebbero pensare? : “Corro? Come faccio a correre piano? E se sudo? Magari la mamma si arrabbia?”.
Il mio intento, con queste riflessioni, è quello di farvi capire che è sempre, sempre necessario pensare a quello che facciamo con i bambini perché se compiacere un bambino a tutti i costi è una disgrazia, educarlo senza una logica è anche peggio. Navigare a vista, come adulti/genitori/educatori è un vero disastro in quanto ci mette in balia del caso: non so dove sto andando, so solo che qualcosa sto facendo.
Buone vacanze a tutti!!!
Invito alla lettura:
L’essenziale per crescere
Educare senza il superfluo
Daniele Novara e Silvia Calvi
Mondadori Milano 2017
28/06/2023
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28/06/2023
Meno è meglio.
I bambini non hanno bisogno di stimoli, ma d’interessi!
Chi mi legge avrà capito che sono convinta che la semplicità sia una parte fondante la bellezza, quella con la B maiuscola, che riguarda il fatto stesso di essere al mondo, la natura, l’intero universo, insomma mi riferisco a tutto ciò che ci circonda, e i bambini, in primis, sono di una bellezza fuori dal comune proprio perché semplici, nella loro indole e nella loro intimità, così come nel loro modo di esprimersi e comportarsi, ma poi, arriviamo noi, adulti/genitori/educatori e facciamo casino! Un gran casino direi!
Oggi i bambini non solo sono stimolati, ma sono pungolati di continuo e in modo esagerato da un’ incessante susseguirsi d’impegni, che possiamo raggruppare in due motivazioni principali: la prima si riferisce al fatto che dovrebbero favorire un miglior apprendimento, per esempio il corso di pittura, d’inglese, di chitarra, di canto, ecc. e la seconda motivazione riguarda l’aspetto più ludico: perché i bambini si DEVONO divertire!
Non fraintendetemi: non vi sto dicendo che non si devono fare attività ricreative o formative per i bambini e con i bambini, ci mancherebbe, ma credo che siate tutti d’accordo con me, che se un bambino frequenta la scuola dell’infanzia fino alle 15,30, poi va in piscina fino alle 17 e ancora va a canto fino alle 20, forse arriva a sera ed è un pochino stremato??? E la mamma e il papà che, dopo una giornata intensa, avrebbero solo voglia di chiacchierare tra loro “spaparanzati” sul divano si trovano, invece, a dover gestire uno tsunami emotivo del proprio bambino/a solo per stanchezza eccessiva?
Più complicato si fa, ora, il discorso riguardo al “divertimento”, in quanto ci fa molto comodo avere babysitter a costo zero! La tata 3T, televisione, telefonino e tablet. Non dobbiamo intrattenere i bambini! Questo comportamento è deleterio per loro stessi. I bambini imparano solo facendo le proprie esperienze, e spesso i giocattoli odierni, invece, non permettono la possibilità di concentrarsi: basta premere un bottone e suonano, parlano, cantano, anche in lingue diverse. Sono giocattoli che incoraggiano la passività e privano i bambini di quel senso di stupore e soddisfazione che si accompagna ad ogni scoperta fatta direttamente.
Quante ceste di giocattoli di questo tipo avete in casa?
Ad ogni età, la sua attività chiaramente, ma volete mettere le mani nella farina gialla, travasata da una ciotolina in un’altra o ancora le mani nell’acqua in un’ampia vaschetta per fare dei lavaggi, magari pure con la schiuma, al confronto dell’utilizzo di un “diabolico” telefonino, che sotto i due anni sarebbe vietatissimo e dopo andrebbe limitato il più possibile! Già… è vero… la farina gialla sporca e l’acqua bagna… scusate.
Una delle tendenze umane è l’auto miglioramento che ci spinge ad impegnarci di più e ad avere successo. Anche per i bambini è così, fin dalla nascita. Quello che interessa davvero richiede ai nostri figli un minimo sforzo così che possano acquisire delle nuove abilità e allo stesso tempo essere incoraggiati a scoprirne delle nuove.
I bambini hanno bisogno di essere interessati e gli stimoli vengono dopo e di conseguenza!
Invito alla lettura:
Mario M. Montessori Jr.
L’educazione come aiuto alla vita
Comprendere Maria Montessori
Prefazione di Carolina Montessori
Il Leone verde