8 settembre 2022
L’ambientamento al nido.
Entriamo, con questo articolo, nell’aspetto più emotivo e intimo di voi mamme soprattutto, ma in generale di coloro i quali seguiranno l’ambientamento.
Vorrei portare alla vostra attenzione un’immagine che rappresenta 3 cerchi che s’intersecano, tipo questa , per richiamare alla mente l’aspetto circolare degli elementi in azione che s’intersecano in più occasioni durante questo periodo di ambientamento che non dimentichiamolo mai, è un momento di passaggio.
Il passaggio presuppone che si passi, appunto, da un posto ad un altro ed in effetti molti di voi, per la prima volta, vivranno il primo vero e proprio distacco dal proprio bambino o bambina.
Non solo entrano nella relazione tre soggetti che non si conoscono quasi per niente, ma questi soggetti che siamo poi noi, in un tempo relativamente breve, devono creare un legame di fiducia che permette ai bambini di stare bene durante tutta la giornata, ai genitori di lavorare con serenità e di non sentirsi in colpa e a noi educatrici di gestire al meglio la cura dei vostri bambini introducendo in modo graduale il metodo Montessori.
L’ambientamento al nido, rappresenta un processo emotivamente complesso che ha bisogno di un PIANO D’AZIONE.
Una prima parte del piano si riferisce alla parte pratica: orari, regole da condividere, ruotine da rispettare, considerando che anche per noi adulti, genitori o educatori, vale la stessa cosa che per i bambini: più affrontiamo con conoscenza una cosa nuova più la nostra ansia in merito si attenua. Per quanto riguarda, invece, il resto del piano d’azione presuppone semplicemente la conoscenza e la presa di consapevolezza di alcune dinamiche emotive, assolutamente legittime, che potreste provare durante il periodo dell’ambientamento.
Partiamo da un presupposto di base … l’accettazione incondizionata delle emozioni dei vostri bambini e delle vostre soprattutto… questo significa, principalmente, non fare finta che tutto va bene, se bene tutto non va. Provare tristezza, dispiacere, nostalgia, rabbia, paura è del tutto normale e naturale. Tutte le emozioni, spiacevoli che siano, devono essere accolte sempre e mai negate. È importante, molto, nominarle, dare un nome alle emozioni che si vivono, soprattutto se negative, in quanto nominandole perdono d’intensità e ci permettono di essere più predisposti a viverle.
I vostri bambini vivranno molte separazioni nel corso della loro vita, e hanno bisogno d’imparare a gestirle, sapendo di poter contare sul supporto empatico di noi adulti. Impariamo a metterci nei loro panni senza lasciarci trascinare nelle loro disperazioni emotive. “Sei triste e ti capisco, anche io vorrei essere a casa a fare le coccole con il mio Carlo e invece sono al lavoro, vedrai che andando avanti andrà sempre meglio”. Questa frase vuole essere un pratico esempio di accoglienza empatica. Accogliere il pianto del bambino, oppure qualsiasi altro modo attraverso cui egli comunica il suo stato emotivo, è fondamentale perché gli permette di “fare esperienza” della frustrazione, ma con accanto qualcuno di affidabile e certo che lo contenga e lo rassicuri, e si faccia da vero e proprio contenitore per reggere il carico emotivo sconosciuto al bambino.
La reazione del pianto del bambino, nel momento cruciale del distacco dalla mamma, non vuole dire che “è male inserito”, ma ha un significato più profondo e in chiave pedagogica si ci sta comunicando, con l’unico modo che conosce che sta facendo fatica, a volte anche molta fatica:
fatica a fidarsi di persone che non conosce,
fatica a districarsi in un ambiente che non è il suo famigliare,
fatica ad adattarsi, volente oppure no, a ritmi e orari che non sono più i suoi,
fatica a doversi confrontare con degli altri bambini in un momento dove il suo egocentrismo è la cosa più importante della vita,
fatica a trovare un nuovo ordine nelle cose in uno dei periodi sensitivi più dettato alla ricerca e al desiderio di ordine sopra ogni cosa.
E allora cosa faccio, come mamma, adesso che so che farà fatica? Magari potrei pensare che “Siccome farà fatica, quasi quasi non lo mando più al nido”!?!?
A questo punto è necessario che rispondiate sinceramente a una domanda molto importante…
COSA STATE CERCANDO PER IL VOSTRO BAMBINO? La risposta a questa domanda cruciale andrebbe considerata aldilà dell’aspetto di necessità per mantenersi il posto di lavoro, ma entrando nel intimo della vostra anima di mamme e genitori.
Lo scopo, la mission, per essere più trendy, di un nido Montessori è accompagnare l’indipendenza del bambino e il tanto amato slogan montessoriano: “aiutami a fare da solo”, qui si esprime in tutta la sua potenza e valenza educativa, e potrebbe essere tradotto più o meno così: “piangi, lo so che ti fa male, ma io ci sono, sono a fianco a te, e insieme affrontiamo la tempesta”.
Non a caso la dott.ssa Montessori si riferiva al bambino come “bambino Maestro”, proprio perché attraverso la fiducia che riponiamo in lui, sarà lui, il bambino ad indicarci la strada da seguire, anche durante l’ambientamento. I bambini, hanno tutte le carte in regola per potercela fare, sempre, a modo loro, con noi al fianco.
A questo punto, credo, capiate quando sia importante e determinante la presenza equilibrata e sana di adulti, di genitori, che pur consapevoli di una bella dose di ansia che andrà gestita nel vostro modo migliore, sappiano di poter contare su educatrici che accoglieranno non solo il bambino, ma bensì l’intera famiglia.
Il vostro bambino si fiderà dell’ambiente Nido, quando voi, per primi, vi fiderete.